Meccanismi autoimmuni e terapia
della SLA
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 05 ottobre
2019.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il
cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La sclerosi
laterale amiotrofica (SLA), la più comune forma di malattia del motoneurone
dell’adulto descritta la prima volta dal celebre neurologo francese Jean Martin
Charcot nel 1869, è una patologia neurodegenerativa caratterizzata dalla
progressiva morte di neuroni superiori e inferiori che infine porta a paralisi
fatale[1]. Le cause di oltre il 90-95% dei casi, costituiti
dalla cosiddetta “forma sporadica”, sono ignote, mentre grandi progressi nella
conoscenza eziologica sono stati compiuti soprattutto negli ultimi venti anni per
le forme familiari, identificando mutazioni nei seguenti geni: “ALS1,
associata a SOD1 (Bruijn et al., 2004; Bruijn et al., 1998;
Bowling et al., 1995; Borchelt et al., 1994; Rosen et al.,
1993), ALS2 alla alsina (Yamanaka et al., 2003; Hadano et al.,
2001; Yang et al., 2001), ALS4 alla senataxina (Chen et al.,
2004; Moreira et al., 2004), e un’ultima forma è stata messa in
relazione con una mutazione nel gene per una subunità della dinactina (Valee
et al., 2004; Puls et al., 2003)[2]”[3]. Sebbene siano stati
identificati possibili meccanismi che consentono di mettere in relazione le
forme sporadiche a una forma ereditaria, quale quella dovuta a una delle oltre
cento mutazioni identificate nel gene della Cu2+-Zn2+
superossido dismutasi 1 (SOD1)[4], i meccanismi della patogenesi
rimangono ancora da accertare.
Numerose
evidenze supportano la tesi di un importante contributo alla patogenesi da
parte di meccanismi autoimmunitari, ma gli esiti dei singoli studi richiedono
un’analisi approfondita per ottenere sintesi concettuali che consentano di
progettare esperimenti decisivi per valutare questa possibilità. In mancanza di
elementi eziopatogenetici accertati e definiti, la probabilità di sviluppare la
malattia è comunemente desunta da elementi generici quali l’età (quarta-sesta
decade di vita), l’appartenenza al sesso maschile e una storia familiare di SLA.
La mancanza di test di laboratorio per un’identificazione precoce impone ancora
una diagnosi neurologica basata come in passato sulla combinazione di segni
clinici di lesione dei motoneuroni superiori e inferiori nella stessa regione
corporea. Per tutte queste ragioni, Ralli e colleghi hanno condotto un’accurata
rassegna delle pubblicazioni scientifiche e cliniche recenti, con una
particolare attenzione analitica al ruolo dell’autoimmunità nella SLA, alla
diagnosi differenziale e agli approcci terapeutici più efficaci.
(Ralli M., et al. Amyotrophic
Lateral Sclerosis: Autoimmune Pathogenic Mechanisms, Clinical Features, and
Therapeutic Perspectives. Israel Medical Association Journal 21
(7): 438-443, 2019).
La provenienza degli autori è la seguente: Department of Sense Organs,
Sapienza University of Rome, Rome (Italia); Department of Oral and Maxillofacial
Sciences, Sapienza University of Rome, Rome (Italia).
I due contrassegni classici della
patologia della SLA sono la perdita dei motoneuroni e l’astrocitosi
reattiva. Inizialmente sono state dirette le attenzioni della ricerca a un’alterazione
del trasporto assonico: “Una
delle prime osservazioni di patologia cellulare, che orientarono gli studi
verso alterazioni del trasporto assonico, fu il rilievo di un rigonfiamento del
segmento prossimale dell’assone, associato a neurofilamenti male orientati. Le
anomalie cellulari e molecolari attualmente note sono numerose ed includono
cromatolisi, inclusioni ed aggregati proteici spesso ubiquitinati (Ince, 2000).
Nelle fasi seguenti i neuroni possono andare incontro ad atrofia e si rendono
evidenti segni legati alla degenerazione walleriana degli assoni; con
l’avanzare del processo patologico si riscontrano elementi caratteristici
dell’apoptosi (Martin et al., 2005). Negli ultimi stadi della malattia
si riduce il numero dei motoneuroni nelle formazioni grigie del midollo
spinale, nei nuclei del tronco encefalico e nella corteccia motoria, con
conseguente assottigliamento dei fasci corticospinali”[5].
Il ruolo degli
astrociti è divenuto nel tempo più chiaro: “Gli astrociti disfunzionali
contribuiscono alla patogenesi della malattia, inducendo il danno dei
motoneuroni e accelerando la progressione clinica. Non è però noto se la
progressione della SLA è associata con l’apparire di uno specifico fenotipo
astrocitario con potenziale neurotossico. Pablo Diaz-Amarilla e collaboratori
hanno isolato da colture primarie di midollo spinale di ratti sintomatici per
la SLA un nuovo tipo cellulare, costituito da un astrocita con elementi fenotipici
aberranti. I roditori impiegati appartengono ad un ceppo transgenico creato nel
2002 come organismo-modello di SLA, esprimente una forma mutante di SOD1 che è
stata associata alla malattia del motoneurone e ne causa la perdita. Gli
astrociti dal fenotipo aberrante esibiscono un pattern di markers
distintivo, proliferano più rapidamente degli astrociti neonatali e sono
eccezionalmente tossici per la crescita dei neuroni motori in vitro”[6].
È stata poi studiata l’eccito-tossicità
quale causa del danno nella SLA: “Il 60-70% dei casi non familiari presenta una
riduzione del 30-95% del trasportatore astrogliale del glutammato EAAT2 (detto
anche GLT-1) nella corteccia motoria e nel midollo spinale (Cleveland e
Rothstein, 2001). La riduzione di attività di questa importante proteina
trasportatrice aumenta la concentrazione extracellulare di glutammato e,
conseguentemente, la probabilità di una sua azione tossica mediata dal legame
con i recettori extrasinaptici[7]”[8].
Consideriamo ora, in sintesi, il
contenuto della rassegna di Ralli e colleghi.
Evidenze emerse dalla ricerca
recente suggeriscono un contributo del sistema immunitario innato alla
fisiopatologia della SLA, con un ruolo dell’attivazione delle cellule
della microglia presso i siti di neurodegenerazione. L’intervallo temporale
medio fra la comparsa dei sintomi e la diagnosi è di 14 mesi, e tale tempo è
necessario soprattutto per la comparsa di segni obiettivi clinici ritenuti
specifici della patologia, e per l’esclusione, nella diagnostica differenziale,
delle sindromi neurologiche simili alla SLA.
Gli autori dello studio hanno poi
esaminato i nuovi approcci terapeutici, fra cui l’impiego di farmaci
immunosoppressivi, che sembrano in grado di ridurre la progressione della patologia.
In realtà, l’unica terapia stabilita, confermata e accettata quale mezzo in
grado di modificare la malattia è quella basata sul Riluzolo. L’efficacia
di questo farmaco è provata ma è, in termini assoluti, modesta, risultando in
grado di accrescere solo da tre a sei mesi la sopravvivenza media dei pazienti.
Recenti progressi nella comprensione
dei meccanismi fisiopatologici della SLA incoraggiano la realistica speranza dello
sviluppo di nuovi approcci terapeutici. In proposito, si segnala la nuova
possibilità di terapia genica proposta da Cappella e colleghi dell’Università La Sorbona alla Salpetriere di
Parigi, che sfrutta la strategia basata sullo Zolgensma, un trattamento genetico
mediato da vettori adenovirali per la forma infantile dell’atrofia muscolare
spinale (si veda nelle “Notule” di questa settimana).
In attesa dell’elaborazione di nuovi
strumenti di trattamento basati sulle nuove acquisizioni, attualmente gli
elementi essenziali nella gestione dei pazienti affetti da SLA sono costituiti
dall’attenzione al controllo dei sintomi, dal mantenimento della qualità della
vita e dall’impegno nel tentativo di prolungare la sopravvivenza.
L’autore della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono
nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella
pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-05 ottobre 2019
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BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è
registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in
data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione
scientifica e culturale non-profit.
[1] Detta anche malattia di Lou
Gehrig dal nome del popolare giocatore americano di baseball che ne fu colpito.
[2] Si veda, per una introduzione
più completa e dettagliata allo studio della SLA: “Note e Notizie 05-05-07 SLA, la malattia di Nuvoli, Welby e Coscioni”
e i numerosi scritti che trattano della SLA nelle “Note e Notizie”.
[3] Note e Notizie 29-10-11 Astrociti aberranti e paralisi nella SLA.
[4] Note e Notizie 30-10-10 Nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA) SOD1 normale e mutante condividono conformazione aberrante e via patogenetica.
[5] Note e Notizie 29-10-11
Astrociti aberranti e paralisi nella SLA.
[6] Note e Notizie 29-10-11 Astrociti aberranti e paralisi nella SLA.
[7] Si veda in proposito: Note e Notizie 14-04-07 La vita e la morte dipendono
dalla sede degli NMDA attivati. Per richiedere i riferimenti
bibliografici completi delle citazioni in parentesi, inviare un’e-mail
indirizzata a brain@brainmindlife.org.
[8] Note e Notizie 29-10-11
Astrociti aberranti e paralisi nella SLA.